Identità Golose e la sua sana Intelligenza alla sua undicesima edizione

I pensieri e le recensioni su questa manifestazione sono sempre i più disparati. 
Contrastanti, discordanti che a volte leggendoli, ti chiedi se sei davvero stata nello stesso posto... 
E così sia mi viene da dire, forse guai se non fosse così!  
Negli occhi di chi guarda è racchiusa la bellezza, così come la saggezza e l'umiltà con cui si appresta a raccontarla.
Ciò che scriverò è ovviamente il mio parere, su ciò che ho recepito, ciò che ha colpito me, ciò che mi ha fatto riflettere di più
E non è certo compito mio disquisire sulla "coerenza" di alcuni chef tra il loro dire ed il fare e sinceramente nemmeno mi interessa. 
E poi diciamolo, forse me lo posso pure permettere, visto che non sono "nessuno" e scrivo qui per il puro piacere di farlo!
Detto ciò, la sensazione che prevale in me quando arrivo a Milano per Identità Golose è l'avidità. 
Proprio così, avidità di imparare, di cercare di carpire e capire il più possibile, e ogni volta non resto delusa, mi porto a casa tanti bei pensieri.
Il tema di quest'anno: una sana intelligenza era molto caldo.
Intanto per la concomitanza con Expo alle porte, che mette tutti sulle spine, e poi perchè come hanno ricordato in più d'uno, per essere Chef oggi è un bel momento certo, tanta fama e la scena a disposizione, eppure aggiungerei, è anche un momento molto delicato, perchè gli "uditori" a volte creano aspettative ingiuste.
Dal canto mio, lo ribadisco, l'intento è quello di imparare anche dai famosi chef, così come da chiunque. 
Non devo far crescere un'audience, non mi interessa fare polemiche e non le farò. Ciò che mi sta a cuore invece è condividere il sapere e tutto il bello che ho visto e ascoltato anche questa volta, per me la quarta, in questa edizione di Identità Golose a cui ho partecipato.



Non posso proprio non cominciare da lui, Massimo Bottura che visibilmente emozionato ha iniziato il suo talk coinvolgendo il pubblico, non solo per ciò che fa e dice, ma per come lo racconta, per come sa coinvolgerti emotivamente catturando la tua attenzione fin dal primo istante, perchè è inutile girarci intorno, ha davvero un carisma innegabile. 
Parte subito con le sue riflessioni filosofiche, sul senso di responsabilità che come chef sente nel dover parlare, quest'anno l'anno di EXPO, non per raccontare se stesso, dice, ma per dar spazio alle persone, perchè il nutrimento accomuna tutti anche nei diritti. 
Parla dello spreco, di come sia importante recuperare. 
Non dobbiamo mai dimenticare le nostre originida dove veniamo.
Il recupero fa parte della nostra cultura gastronomica, fino agli anni '50 era proprio ciò che facevano i nostri nonni.
Recuperare non è degradante, ma un atto di volontà e di forza: 
è riconquistare
E parte dal pane. Da sempre alla base di ogni pasto, il pane perduto dei francesi, o pane guadagnato dai belgi, ma la sostanza non cambia, del pane non si spreca nemmeno una briciola.
E commuove la platea raccontando come sono nati i passatelli, tipici della sua terra, raccontando come i monaci nel refettorio raccogliessero ogni giorno le briciole cadute sul desco, che finivano per riempire un barattolo di vetro che a fine settimana era pieno e al sabato si procedeva con il recupero delle briciole di pane cuocendo i passatelli.
Tante forse le storie come questa, che abbiamo dimenticato. 
Tornare indietro nel tempo aiuta, a non perdere di vista quella sacralità del cibo che oggi forse, per causa della sua troppa abbondanza, abbiamo davvero dimenticato.
Magistrale il suo piatto pensato per EXPO, ispirato anche da Carlin Petrini, che ricorda la sua zuppa di latte dell'infanzia. 
Da qui l'ispirazione e l'idea di riprodurla in chiave moderna: spuma e gelato di latte e zucchero con briciole di pane croccanti valorizzate da una cialda d'oro per indicarne la preziosità. 
E i suoi passatelli tutti "recuperati" da bucce e scarti di ortaggi essiccati, resi farina, lavorati e leggermente affumicati, come il brodo preparato con le bucce di verdure essiccate in forno e lavorate in estrazione per esaltarne la mineralità. 
Ma anche le bucce di banane marce, che da un'idea del suo Sous Chef diventano un "gelato color cemento".
Insomma l'idea della sostenibilità e del non spreco è la chiave del suo intervento, in cui sottolinea anche come "scartare/buttare" significa gettare la spugna, arrendersi e ovviamente non si deve.

Bottura infine illustra il suo progetto di solidarietà per Expo, ovvero il Refettorio Ambrosiano, voluto anche dalla Caritas diocesana milanese, un progetto elogiato anche dal Papa, con un duplice intento, offrire un pasto di solidarietà evitando lo spreco alimentare. In primis ha visto il recupero di uno spazio urbano milanese nel quartiere Greco, un ex teatro abbandonato dagli anni trenta, che sarà completamente ristrutturato e in cui in occasione di EXPO, vedrà per un mese l'alternarsi in cucina di 40 chef stellati da tutto il mondo, che con creatività e sapienza, con le eccedenze alimentari raccolte da Expo, valorizzeranno il cibo che altrimenti andrebbe sprecato, offrendo un pasto a chi ne ha bisogno. 


Chi mi segue e mi conosce sa del mio amore per il lievito madre e gli impasti.
Va da sè che non potevo perdermi nemmeno quest'anno Identità di pizza. Appuntamento fisso oramai per me, ed è bello rincontrarsi ogni anno e fare il punto della situazione, sentire che c'è sempre spazio per migliorarsi, per progredire e andare avanti e come dice Franco Pepe anche grazie ad Identità Golose si cresce, perchè ti poni ogni anno domande nuove, lavori su nuovi quesiti e quindi migliori di anno in anno! 
Lo scorso anno come avevo raccontato qui, era arrivato con la valigia dei prodotti del suo territorio, quest'anno invece seguendo il tema di questa edizione, trattandosi di "sana intelligenza" ha pensato ad una pizza che fosse oltre che buona, e ve lo assicuro perchè l'ho assaggiata, anche sana.
La sua pizza sanacore  è studiata  un pò a tavolino. 
Insieme a cardiologi, e un nutrizionista che suggeriscono i valori nutrizionali che servono per una pizza che possa mangiare anche chi ha problemi di salute. 
La cosa che mi colpisce sempre di Franco è la sua spontaneità, quella semplicità nei gesti che lo rendono davvero come lui stesso si definisce, un vero artigiano della pizza. 
Un approccio sensoriale il suo: perchè un pizzaiolo lo sente con le mani il punto di pasta, un grande insomma.



Un artigiano dell'impasto che porta con sè la tradizione: di impastare a mano, di fare la pizza come la facevano suo padre e suo nonno, usando i prodotti del suo territorio: la tradizione appunto.

Però lui non si accontenta, non si ferma lì. Va avanti e studia i singoli ingredienti che mette sulle sue pizze, facendosi aiutare da chi ne sa di più, Vincenzo, suo amico agronomo che scopre grazie agli amici dell'università, che stanno studiando le proprietà antiossidanti di più di cento specie di pomodori, che il pomodoro riccio, quello che usa Franco, è quello più ricco di antiossidanti. Il pomodoro riccio è un pomodoro che non ha bisogno di trattamenti, nè di troppa acqua. Un pomodoro adattato a quel territorio, perchè altrimenti ci sarebbe la biodiversità ed è così importante preservarla? 

Lo studio dei prodotti del territorio: ecco l'innovazione.
Insomma sposa perfettamente quella che è anche la mia idea: usare "gli antichi saperi" guardandoli in chiave moderna, con le conoscenze che abbiamo oggi, cercando di capire e reinterpretare, per sfruttarle al meglio, quelle che sono le nostre tipicità territoriali. 
Franco fa il pizzaiolo, come suo padre e suo nonno prima di lui, ma usa la cooperazione, che tanto mi piace, il gioco di squadra, in cui il contadino suo amico gli coltiva il pomodoro riccio, l'agronomo studia e riscopre i prodotti del territorio usati da sempre (e un motivo dico io ci sarà!) e un altro amico, esperto di forni, gliene costruisce uno elettrico apposta per lui, tarato sulle sue esigenze! Tante competenze messe insieme, una squadra vincente per fare una pizza di altissima qualità.
Ecco io trovo tutto questo straordinario, un bellissimo approccio solo da imitare.


Tutt'altro approccio e stile, ma ugualmente encomiabile e straordinario, quello di Simone Padoan, e le sue pizze con lievito madre. Ognuno porta se stesso nella sua cucina, si racconta anche attraverso ciò che fa e come lo fa. Sempre attento ai minimi dettagli Simone, ricercato e scrupoloso, e durante il suo intervento di quest'anno, ripercorre i suoi vent'anni di I tigli e ci regala un excursus con un video davvero emozionante.


Ed infine, ma non per importanza, la vera rivelazione per me quest'anno è stato Renato Bosco, il pizza ricercatore, di cui però vi parlerò con più calma in un altro post dedicato solo a lui e ad una sua bellissima iniziativa.


Così come di un altro bravissimo pasticcere Gianluca Fusco e le sue architetture di gusto, delle vere e proprie opere d'arte.
Racconta ad Identità piccanti, come il peperoncino un ingrediente che lui detesta, sia stato oggetto di un suo approfondito studio, perchè un professionista non può ignorare un ingrediente solo perchè non gli piace. Encomiabile.
Parla di capsicina, di peculiarità del peperoncino, e delle sue molteplici caratteristiche, così precise e dettagliate, che neanche ad una lezione di biochimica!
Davvero bravo e poi ci prepara un dolce, assaggiato in sala, che è davvero il dolce più straordinariamente sorprendente che io abbia mai assaggiato.



Nulla meglio del cibo può raccontare una storia e farci viaggiare lungo la nostra bella Italia!
E allora buona cucina a tutti!
E il mio grazie sincero a tutte le persone che credono che sia ancora importante mettere in moto l'intelligenza per studiare il cibo, capirlo, raccontarlo e perchè no anche celebrarlo quando merita!
Grazie a Paolo Marchi, Elisa Pella e a tutti gli organizzatori di Identità Golose, che anche quest'anno hanno reso possibile tutto questo. 
Grazie a tutti.


Alla prossima


1 commento:

  1. Un bell'evento e leggerti è stato un pò come esserci. Grazie per averci raccontato tutto questo! Un abbraccio forte e non vedo l ora di leggere il prossimo post :-)

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